Sul risultato elettorale

Fate un respiro profondo. Anche io non avrei mai voluto che vincesse l’estrema destra, che non ha soluzioni, ma opinioni distruttive su tutto: ambiente, diritti civili, democrazia, economia.
Ma c’è differenza tra l’avere lo Statuto Albertino e la nostra Costituzione.
E tra l’avere Vittorio Emanuele e Sergio Mattarella (e la nostra Corte Costituzionale). Non siamo negli anni ’20 del ‘900.
E vedremo se i padri e le madri costituenti hanno pensato e scritto bene la nostra carta costituzionale antifascista.
Se il sistema americano è sopravvisuto a Trump, quello italiano può sopravvivere a Giorgia Meloni e alle sue leggi “giorgissime” o “melonissime”.

Roe v. Wade. Aborto. Destra e Presunti Cristiani.

I valori dell’estrema destra: far nascere figli non voluti (proibire l’aborto) e proibire a chi vuole figli di averne (proibire la fecondazione assistita, la gestazione per altri, le adozioni gay).

Negli Stati Uniti, la decisione della Corte Suprema – ormai a maggioranza conservatrice (ma direi retrograda, dato che sono tornati indietro di 50 anni, non rispettando un precedente più volte ribadito e il principio dello stare decisis) – di rimettere agli stati la decisione sull’aborto è un imposizione indegna di una minoranza fondamentalista a una società ampiamente favorevole a questo diritto.

È una vittoria di Pirro. L’aborto ritornerà, in quegli stati dove non sarà più consentito (più o meno la metà su 50), ma nel frattempo delle persone soffriranno. Obbligare un essere umano a fare ciò che noi crediamo sia giusto, infischiandocene del suo sentire e vissuto, è una violenza. Questa è la destra, questi sono i fondamentalisti cristiani e non solo. Negli Stati Uniti e anche in Italia.

Da notare che, per chi ha i soldi, non cambierà niente, perché le ricche viaggiano e abortiranno altrove. Le povere disperate dovranno rischiare la vita con aborti clandestini. Questa è la magnanimità, l’empatia, dei sedicenti seguaci di Dio, Patria e Famiglia, che hanno così poco rispetto per le donne da voler far credere che abortissero per sport.

Mio Tuo Suo Loro – Serena Marchi – Recensione/Riflessione

Premetto che, per parlare di questo argomento complesso, avrò bisogno di molte parole.

Mio Tuo Suo Loro, della giornalista e scrittrice Serena Marchi, è un saggio/reportage del 2016, che affronta il tema della gestazione per altri, conosciuta anche col termine “surrogacy.
In questo libro, l’autrice intervista le donne che offrono il proprio utero ad altre coppie, ed inoltre con l’aiuto di Elena Falletti, docente e studiosa di diritto comparato, ci illustra come questa pratica è normata – o proibita – nei vari paesi di cui qui ci si occupa (Italia, UK, Ucraina, Canada, Stati Uniti e, nelle note, Israele). Ma non solo. Il testo si conclude con un contributo dello psichiatra Ettore Straticò, che fa un resoconto degli studi fatti fino ad oggi riguardo allo sviluppo psico-fisico dei bambini nati attraverso questa procedura e/o che vivono in famiglie omogenitoriali.

Credo sia un lavoro molto utile, per falciare come grano maturo molti pregiudizi che colpiscono questa tematica.
Infatti, pur trattandosi di una pratica a cui ricorrono principalmente coppie eterosessuali, spesso lo stigma è dovuto al fatto che la gestazione per altri consente anche alle coppie omosessuali di avere dei figli.
Io non vedo nulla di male in questo, ma ad ogni modo far passare il messaggio che sia una pratica alla quale ricorrono facilmente tante coppie gay, come provano a fare la destra o alcuni cattolici, è fuorviante e falso
.
Sono in realtà molto poche le persone che possono permettersi questo percorso, soprattutto per motivi economici e logistici. Non tutte le coppie, etero o gay, possono sostenere i costi della gestazione e dei viaggi e – nell’ultimo mese di gravidanza – del trasferimento temporaneo in un altro paese.
Perciò le orde di conservatori di vario tipo, che si oppongono alla GPA, perché temono che con agio molti omosessuali possano figliare, sono irrazionali, fino a scadere nel ridicolo.

Dal punto di vista morale, poi, c’è da dire che nel mondo occidentale le donne che offrono il proprio utero sono tutt’altro che donne sfruttate o donne che si prostituiscono. Se si va a leggere le loro storie, si scoprirà infatti che il denaro non è il motivo principale per cui partoriscono per altri e che ci sono requisiti ben precisi da dover soddisfare, per essere scelti per fare qualcosa del genere.
Il motivo è spesso profondo ed empatico. Si tratta di donne che hanno avuto in famiglia, o tra gli amici, casi di altre coppie che non sono riuscite a procreare e che hanno assistito al dolore che questo provocava. Altre volte, sono state proprio loro a non riuscire ad avere figli e ad essersi ripromesse, dopo aver ottenuto il desiderato primo figlio, di aiutare almeno un’altra coppia ad avere un bambino.
Nella quasi totalità dei casi (aggiungo io il quasi, perché anche se nel libro non è riportato, credo ci sia sempre un’eccezione che conferma la regola), sono più che consapevoli che il bambino che hanno in grembo non è il loro. Tuttavia, questo non significa che se ne disinteressino. Tutt’altro. Infatti, scelgono per chi partorire (quindi possono rifiutare persone che non le convincono) e spesso stabiliscono legami duraturi con le famiglie che aiutano. In ognuno dei casi riportati nel libro, inoltre, le portatrici (così sono chiamate le donne che partoriscono per altri) e le famiglie vogliono che il bambino conosca la propria storia e come sono nati e da chi.
Tra l’altro, l’esperienza tra le coppie e la portatrice è spesso così forte che le persone coinvolte rimangono in contatto.
Né si deve credere che queste donne siano macchine riproduttive. La natura ha i suoi limiti e anche loro si devono limitare a un paio di parti per altri e a qualcuno per sé, se hanno famiglia. Ciò che è interessante, è che spesso partoriscono sempre e solo per la stessa famiglia che hanno scelto, nel caso questa famiglia volesse un altro figlio. Insomma, si instaura un legame forte.

Allora, ci sarebbe da chiedersi, perché il compenso in denaro?
Beh, in realtà, una cosa su cui spesso non ci si sofferma nel dibattito, in Italia, è che molte di queste donne, durante il periodo della gravidanza smettono di lavorare
(si perché molte hanno un proprio lavoro e di sicuro nessuna lo fa per fame).
Ora, che sia GPA commerciale oppure altruistica, la coppia che si rivolge alle portatrici paga, in realtà, solo le spese mediche, che in America sono abbastanza elevate. Il resto del compenso va a coprire il fatto che, per nove mesi, non percepiscono alcun reddito, perché non esiste – in America – una cosa come il congedo di maternità pagato.

Questo è il quadro, con qualche piccola differenza da paese a paese.

Ora, le mie impressioni. A me non sembra una compravendita di bambini. Sembra – più che altro – che una coppia con un grande desiderio di genitorialità – cosa del tutto naturale per ogni creatura vivente, a partire dalle amebe, passando per criceti, trichechi, fino ad arrivare a coppie etero o omosessuali – decida di volere un figlio e di volerlo così tanto, da farlo effettivamente nascere tra tante difficoltà sia logistico-economiche che socio-culturali-legali (una volta tornati in patria). Ci vuole una grande consapevolezza e decisione, per affrontare tutto questo e a me non può in alcun modo sembrare un capriccio o un egoismo. Se non sarà amata e curata una creatura per la quale si è affrontato tutto questo, chi, allora, sarà amato e curato?
Questi – a mio avviso – sono gesti d’amore per il nascituro, che vengono messi in atto ancor prima che nasca.
In tutto questo, poi, queste coppie, che siano etero o omosessuali, trovano l’empatia di chi liberamente e consapevolmente si offre di aiutarli – le portatrici, appunto.

Trovo davvero incomprensibili quelle persone che, in Italia, volevano proporre la criminalizzazione internazionale della GPA. Cosa avrebbe di criminosa un’azione che riguarda la libera scelta di donne riguardo al proprio corpo e che in pratica fa nascere un bambino che sarà amato da coloro che si prenderanno cura di lui? In che modo una nascita, voluta da un gruppo consensuale di persone, può essere reato?
Perché si possono donare i reni, gli occhi, il sangue o altre parti del corpo, ed una donna non potrebbe scegliere di donare il proprio utero, per nove mesi, a una coppia desiderosa di avere un proprio figlio?

Molti parlano del fatto che un figlio abbia bisogno di un padre e una madre.
Ma questo non toglie il fatto, che impedendo la GPA anche le coppie etero non potrebbero accedervi. Le donne etero, che si rivolgono a una madre surrogata, spesso sono costrette a causa di problemi di salute gravi, come il tumore. Eppure sono riuscite a salvare i propri ovuli. Se una donna che empatizza vuole prendersi cura di quegli ovuli e consentire che diventino bambini nel proprio utero e poi affidarli alla madre genetica, quale male c’è?

Né sarebbe giusto, d’altro canto, consentire la GPA alle coppie etero e non alle coppie gay. Mi sembrerebbe pura e semplice discriminazione omofobica, basata sul presupposto errato che nell’omosessualità ci sia qualcosa che non va, o di sbagliato, o peccaminoso (ma poi, secondo chi?).

In questo, aiutano gli studi che lo psichiatra Straticò illustra a fine libro.
E sono importanti. Perché Mio Tuo Suo Loro, come ho detto, nasce nel 2016, anno dell’approvazione, in Italia, della legge sulle unioni civili. Una legge monca, purtroppo.
Infatti, il primo testo prevedeva anche la step-child adoption, l’adozione del figlio del partner
. A causa della destra e dei parlamentari “più cattolici”, si è dovuto rinunciare ad avere una legge completa, che tutelasse anche il diritto ad avere una famiglia, sia da parte di persone omosessuali, sia da parte di bambini che – in realtà – esistono già e che non hanno alcun riconoscimento giuridico, riguardante la genitorialità dell’altro adulto con cui vivono e stabiliscono un legame.
E fu proprio a causa del terrore della surrogacy, che il nostro parlamento non si è dimostrato all’altezza (non ancora). La destra paventava che orde di omosessuali prendessero aerei o salpassero verso i paesi americani o del sud-est asiatico, per comprare bambini da donne disperate, equiparate a prostitute o schiave. E si paventava la distruzione della famiglia tradizionale.
Ma il libro mostra che così non è. E più che il libro stesso, lo mostra la realtà, con la quale – prima o poi – tutti devono fare i conti.

Gli studi di psicologia mostrano che i bambini di famiglie omogenitoriali crescono – in realtà – come tutti gli altri bambini. Avere due padri o due madri non è peggio di avere un genitore solo, o un padre e una madre. Perché, in verità, nessuno nasce in una condizione ideale, e inoltre a fare davvero la differenza è la specificità di ogni singolo individuo, non il suo orientamento sessuale. Non starò qui, quindi, ad osannare le famiglie omogenitoriali rispetto a quelle eterogenitoriali. In verità, sia da un lato che dall’altro, ci possono essere bravi genitori e cattivi genitori.

Per portare avanti la propria visione del mondo, quindi, consiglierei ai conservatori di non farsi scudo dei minorenni, inventandosi teorie che non hanno riscontro scientifico ed empirico.
Si prenda ad esempio Sanna Marin. La giovane primo ministro della Finlandia, cresciuta con 2 madri: è eterosessuale ed ha avuto una brillante carriera ed ha avuto – “naturalmente” (notare il virgolettato) un figlio con un uomo. Se non basta lei – prova vivente – ad abbattere i pregiudizi, cosa serve?
Ed aggiungo che – anche se fosse stata lesbica come la madre – una volta che la comunità scientifica ha dichiarato che l’orientamento sessuale – di qualunque tipo sia – non è una malattia ed è normale – quale sarebbe stato il problema?
Direi, “agli omofobi l’ardua risposta”.

Dunque, per quanto riguarda la GPA (e i vari argomenti ad essa collegati) invito a leggere questo libro, che farà riflettere su dati di fatto e non su pregiudizi e conoscenze parziali.
Infine, per quanto riguarda quella parte del femminismo che ritiene inammissibile questa pratica (cosa che – in tutto il dibattito ad essa relativo – mi dispiace di più), mi è rimasta impressa la frase di una portatrice, che trovo molto vera e centrata: “Se le femministe non vogliono che nessun uomo decida sui loro corpi, io pretendo che nessuna donna decida sul mio“. Riflettiamoci tutti. Esseri liberi, che liberamente decidono di fare ciò che vogliono, senza fare male a nessuno, dovrebbero poter fare ciò che desiderano. Anche se quello che desiderano non ci piace. Ecco, su questo sono forse gli altri ad avere qualcosa da insegnare alla vecchia Europa. Perché la libertà non sta nel prendere decisioni che piacciano agli altri, ma nel rispettare noi stessi e le nostre predisposizioni, senza andare a ledere la sfera di libertà degli altri. Solo questo. Mettiamolo in atto più spesso nella nostra legislazione.

Libro consigliatissimo. Scritto con cura e dedizione e volontà di spiegare bene un fenomeno. E ci riesce. Questi sono i libri utili a migliorare la qualità dell’opinione pubblica. Dovrebbe essere letto da tutti. O, comunque, chiunque si esprime su questo argomento dovrebbe conoscere molte delle cose qui contenute. Non è con leggerezza e superficialità che si affrontano certe tematiche.

Il mio plauso a Serena Marchi.

– Giuseppe Circiello –

Citazione da Mio Tuo Suo Loro – 1 – LEGGI

Enheduanna e la festa della donna – Una riflessione

Circa 4300 anni fa, in Mesopotamia, nella città di Ur, viveva una donna, che fu – in realtà – molto importante, benché – oggi – nota a pochi. Il suo nome era Enheduanna, ed era una principessa di sangue reale, figlia del re accadico Sargon.

Perché vi parlo di lei? Beh perché lei fu la prima poetessa/scrittrice e la prima sacerdotessa di cui si abbia testimonianza storica. Dunque, prima di Omero e Saffo, o prima del suo conterraneo mesopotamico Sinleqiunnini, molto prima di loro, c’era lei, Enheduanna, che compose una serie di inni per Inanna, la dea ermafrodita della sua città (e che tra le altre cose fu la divinità più venerata del pantheon sumero/accadico).

Il ruolo di sacerdotessa di Ur, inoltre, le conferiva un grande potere temporale e spirituale. Ed inoltre, vorrei sottolineare che i suoi inni nascono prima della Bibbia e del Corano, e il suo sacerdozio, prima di quello di rabbini, preti e imam.

Ecco, racconto la sua storia, perché credo sia un simbolo che non vada perduto. Ci ricorda che un tempo, molto remoto, le donne erano parte integrante e importante della vita artistica, politica e religiosa del mondo. Oggi, stanno ritornando ad esserlo – ma purtroppo ci sono anche spinte che remano in direzione contraria. Quello che voglio dire, pensando anche alle mie nipoti, è che non bisogna mai dare i diritti per scontati, bisogna reclamarli e proteggerli ,giorno per giorno. Farlo è un dovere sia verso noi stessi, che verso gli altri.

A chiunque voglia mettervi il bavaglio, parlando di “tradizione” (o con qualunque altra motivazione), rispondete con una tradizione ancor più remota – ma dalla sostanza, in realtà, molto contemporanea. Rispondete con la sacerdotessa Enheduanna, la prima scrittrice della storia.

Non si tratta di creare nuovi diritti. Si è sempre trattato di riprendersi diritti che – naturalmente – già esistevano, perché legati all’esistenza stessa di ogni essere umano.

Che sia un 8 Marzo di riflessione per uomini e donne.

– Giuseppe Circiello –

Io, napoletano, italiano, europeo, amo l’Europa Politica

Europa - Italia - Napoli

Credo che sempre, nella vita di ognuno, arrivino momenti in cui si sente la necessità di fare un passo in avanti e prendere posizione. Ecco, questo è uno di quei momenti, perché sono stanco di vedere svilite idee belle, da chi nella propria vita non fa altro che assumere atteggiamenti distruttivi e sceglie costantemente di veicolare le emozioni e i messaggi più negativi, invece di quelli positivi o della razionalità. La mia misura è colma. Non vi permetterò di macchiare col vostro livore queste tre bandiere.

Soprattutto in questi giorni di crisi mondiale e nazionale, dovuta alla pandemia di Covid-19, causata dal coronavirus, ho ascoltato e letto di tutto: soprattutto odiatori seriali. Gente che approfitta di ogni occasione per fomentare le contrapposizioni e gli scontri e che si bea di aggiungere un’occasione di divisione a una di unione. Non è bello vedere come molti usino questa crisi, per avanzare le proprie posizioni politiche sovraniste o indipendentiste. E non è bene parlare male di cose che non si conoscono e del cui funzionamento si ignora tutto… e mi riferisco all’Unione Europea e alle sue istituzioni. Perché è così difficile tacere, se non si sa di cosa si sta parlando? Perché è così difficile andare a comprare un libro o fare una ricerca, per approfondire e conoscere meglio la realtà, che ci circonda – in modo serio? L’ignoranza potrà anche essere un diritto, tale e quale al diritto d’istruirsi… ma fa danni veri. E – a chi invece ha studiato – dico che ci vuole un po’ di onestà intellettuale e visione politica in più!

Sia l’Unione Europea che l’Italia, di sicuro, non sono perfette… e ci mancherebbe! Sono pur sempre realtà umane! Ed è giusto denunciare tutto ciò che non ci piace – così come bene fanno tutti quelli che criticano la mia città, Napoli, sottolineando cosa migliorare e cosa no.  Ma la nostra riflessione non può essere mono-direzionale. Dobbiamo abituare il cervello a dare valore e a celebrare anche il bene delle cose! Che senso ha voler mandare tutto a gambe all’aria? Dare spazio sempre e solo a pensieri negativi e distruttivi è una scelta. Ecco, non lo scegliete! Questi non sono bei pensieri e nulla può essere costruito su sentimenti di questo tipo. Che cosa racconta, di voi, questa scelta di quotidiano disprezzo? Pensateci.

La bandiera dell’Europa, la bandiera dell’Italia, la bandiera della città di Napoli, per me sono importanti e le rivendico. Sono napoletano, dunque italiano, dunque europeo… e viceversa. Da oggi combatterò ancora di più chi vuole necessariamente e sterilmente creare contrasto tra queste tre realtà, per fini politici miopi o egoistici o di puro dominio. L’Europa ha fatto del bene all’Italia e lo può ancora fare. L’Italia ha fatto del bene a Napoli e lo può ancora fare. E Napoli può fare del bene sia all’Italia che all’Europa. Voglio celebrare questo! E voglio cambiare ciò che non va, senza arrendermi ad esso, come se fosse inevitabile, recriminando e credendo – a vuoto – che ognuna di queste realtà possa vivere da sola.

Il nostro futuro devono essere gli Stati Uniti d’Europa. Forse è un destino lontano, ma non dobbiamo invertire la rotta… perché è l’unica rotta in grado di condurre alla salvezza di questo continente.

Viviamo in un mondo pericoloso e affrontiamo sfide globali. Solo l’Europa ci darà una voce che conta.  Solo l’Europa, unita, potrà ancora garantirci libertà e democrazia, giustizia e diritti e prosperità. Solo l’Europa potrà difenderci dai tentativi di ingerenza della Cina, della Russia, degli Stati Uniti e – in futuro – dell’India. Solo l’Europa potrà regolare efficacemente i flussi migratori, mentre vedrà la popolazione di alcuni suoi stati ridursi e quella di Cina, India, Nigeria esplodere.

Mi fanno rivoltare quelli che non si rendono conto della fortuna che abbiamo avuto a nascere in questo continente e in questa Unione che ci tutela e tutela la pace – almeno qui. Questa gente vede modelli da seguire nella Cina o nella Russia che – salvando le loro ricche e preziose culture – sono politicamente esempi abietti di soppressione di diritti inalienabili e persecuzione. Quanto ci tenete poco alla vostra libertà, voi che criticate l’Europa per distruggerla! 

Siate propositivi, piuttosto, combattete per essa, per migliorarla. Ma rendetevi conto che essa è la nostra unica direzione! Il nostro unico strumento per essere padroni del nostro destino e non essere sudditi di potenze, che non hanno nulla da insegnarci e da darci.

– Giuseppe Circiello –

Qui a seguito, il bel discorso con cui la presidente della Commisione Europea, Ursula von der Leyen, assicura all’Italia tutto l’aiuto di cui ha bisogno, per combattere la crisi sanitaria ed economica, dovuta al Covid-19. 

 

Moniga del Garda

Per le vacanze di Pasqua sono stato a Moniga del Garda, una piccola cittadina sulle sponde del rinomato lago, in provincia di Brescia, Lombardia. Mancavo da lì da ben quattro anni, per vari motivi.

A me piace questo paesello tranquillo, poco popolato, organizzato e immerso nella bella natura della Valtenesi. E non è strano che ogni anno, dalla primavera all’estate, i turisti lo visitino.

Devo ammettere, però, che non posso starci troppo tempo. Sono abituato alle metropoli. L’area metropolitana di Napoli, in cui vivo, conta circa 3 milioni di abitanti… è un bel cambio, insomma, ma le mie sorelle ci sono riuscite e si trovano bene.

Ma ormai posso dire che molti miei affetti si trovano lì… e tornare ad Ercolano, Napoli, ogni volta è sempre un po’ difficile. Ma anche qui ho degli affetti…
Dove andrò a finire poi? Chi lo sa… se potessi vivere di quello che scrivo potrei stare o tornare ovunque io voglia… ma questo forse è solo un privilegio che la dea bendata può concedere. E’ difficile nell’epoca di internet, un’epoca in cui i testi scritti abbondano e siamo travolti da tsunami di informazioni.

Ho scattato delle foto, per mostrare il bel paese e il Garda. Se qualcuno non sapesse dove passare le proprie vacanze, questo è il mio suggerimento, oggi (certo, andate anche a Napoli! 🙂 )

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Moniga del Garda dall’alto, col lago sullo sfondo (benché immerso nella foschia).

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via Dante a Moniga del Garda, in una giornata di sole… anche qui il sommo poeta ha la sua stradina dedicata

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Andando verso il lago, vedrete la chiesa di Santa Maria della Neve, con annesso cimitero (sul retro)

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L’arcata frontale, vista di lato, della chiesa di Santa Maria delle Neve, Moniga del Garda.

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Il davanti del Castello di Moniga del Garda

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Entrando al Castello. Esso contiene case e vie… è abitato. Fortunati loro. E’ davvero suggestivo.

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Interno del Castello, la stradina centrale. Potete osservare le case.

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Il retro del castello

Nessun testo alternativo automatico disponibile.
Il bookcrossing è giunto anche qui. Questo spazio è stato allestito alle spalle del comune. Io ho trovato e preso un libro di Iàroslav Hàscek, Il Buon Soldato Sc’veik.

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Panorama dal retro del Castello di Moniga

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Il lago di Garda in un giorno di pioggia. Dove finisce il lago? Dove inizia il cielo?

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La vetrina di un negozio… con un leprotto che mi ha subito conquistato! DOVEVO fargli una foto! 🙂

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Quando un’artista prende casa… poi fa queste cose qui… 🙂

 

– Foto di Giuseppe Circiello –

divagazioni notturne

Eh, incredibile. Da circa un’oretta e mezza ho terminato il terzo capitolo della mia tesi di laurea in Diritto Costituzionale Italiano e Comparato. Una tesi che avrà cinque capitoli. Dunque ho quasi terminato. Incredibile, sì. Vuoi vedere che mi laureo per davvero, in estate? Vuoi vedere che ci sto riuscendo?
Alla faccia di tutti quelli che credevano che non mi sarei mai più ripreso dal mio periodo di buio! Già “‘a faccia toja!” come direbbero a Napoli.
In realtà non è, però, che mi interessi più di loro… o per lo meno dei loro pensieri negativi. Sono contento di me e per me, tutto qui.
Oggi ho passato quasi tutto il giorno del mio onomastico a scrivere, raschiando il barile delle mie facoltà intellettive. Gli anni hanno davvero ridotto all’osso la pazienza e l’energia intellettuale. Almeno io così mi sento. Eppure, eppure… ho quasi terminato una tesi. Non sarà la tesi più bella del mondo, no. Ma sarà mia, sofferta e personale… un parto. Ma ci sarà.
Posso fare qualcosa per me, evidentemente… e magari una volta superato questo ostacolo sentirò fluire in me nuove energie. Altre cose già bollono in pentola. L’importante è evitare la stasi… anche se forse ho un concetto diverso di moto e di stasi, rispetto a tutte le persone che mi circondano.
E’ anche la festa del papà. Mio padre… mi manca e mi mancherà il giorno della tesi. Scusami papà, se non ho fatto in tempo. So di avercela messa tutta però… davvero per via di tutto quel carico che mi portavo addosso non potevo fare di più.
Nessuno lo ha mai creduto in famiglia… eccetto Pina forse, che anche quando era quella che sapeva meno cose di me, non mi ha mai giudicato e si è sempre mostrata positiva nei miei confronti. In effetti, forse, siamo più simili di quanto possa sembrare. A parte lei, solo gli amici veri non mi hanno mai fatto pesare il trascinarsi dei miei studi.
Ad ogni modo, inizio a vedere questa libertà… e, qualunque cosa farò dopo, la farò finalmente libero ed esclusivamente per me stesso.
D’altra parte, in questo momento storico, sono solo. Single. Senza prospettiva di essere “engaged”. Ma divago. D’altra parte cosa si può fare all’una di notte, se non divagare?
Meglio chiudere qui… domani mi devo svegliare presto. Questo benedetto capitolo lo dovrò consegnare… coraggio, siamo quasi giunti alla meta…

Una parte di me… riflessioni alle 0:59 di notte…

Come diceva Whitman, il grande poeta americano, l’essere umano, internamente è vasto e contiene moltitudini… così, questa sera… sento il bisogno di far parlare una parte di me, che forse si rivelerà essere tante parti di me… eppur non tutte.

Una parte di me si è liberata e una parte di me è ancora prigioniera. Una parte di me non ha bisogno di nessuno e una parte di me ha bisogno di tutti. Sì, una parte di me è stanca d’esser da sola e vorrebbe aprire il suo cuore a qualcuno, ma quel qualcuno sembra non esserci. E d’altra parte una parte di me è sicura che la vita di coppia non faccia per lei, teme di annoiarsi e stancarsi dopo poco tempo. Forse non può essere la stessa parte di me che vorrebbe abbracciare, carezzare e baciare e risvegliarsi con qualcuno al suo fianco la mattina. Non possono essere la stessa parte di me, ma sono inevitabilmente contenute in me.
Una parte di me ti ama ancora e una parte di me sa che non mi amerai mai… e, sai, una parte di me non ti ama e un’altra parte si è stancata di aspettare, quello che un’altra parte si è resa conto non arriverà mai.
Se ne è resa conto perché, una parte di me, ha colto tutti i segnali e gli indizi, le prove, del fatto che sì, è vero, è possibile amare e non essere ricambiati.

Una parte di me, d’altra parte, sogna altre persone, altri luoghi, vuole andare avanti e lasciare tutto alle spalle. Una parte di me spera di trovare qualcun altro… perché dovrà pur esser bello amare ed essere amati. Il solo amare non può bastare, il solo essere amati nemmeno.

Una parte di me vorrebbe essere migliore in tutto. E una parte di me si crede l’onnipotente. Una parte di me mi manca e ho persino dimenticato quale parte di me sia. Una parte di me vorrebbe accontentare tutti e una parte di me vorrebbe che ciò non fosse necessario… perché gran parte di ciò che vedo mi sembra superfluo, ma per vivere bene in questo mondo risulta estremamente importante.
Per questo una parte di me avrebbe voluto la vocazione, per chiudersi in un convento in clausura, per fare vita contemplativa. Una parte di me, però, ritiene inutile la vita contemplativa, soprattutto quella che si giustifica con la religione: Gesù era tra la gente, con la gente e per la gente.
E poi, diciamoci la verità, una parte di me non può rinunciare al sesso e non può fare voto di obbedienza, benché altre parti di me siano caste come l’alba più bella e obbedienti, pacate, come l’asino più mansueto.

Una parte di me è sempre in viaggio e una parte di me è ancorata nel fondale del reale. Una parte di me è serena, una parte di me è disperata. Una parte di me teme d’andar via di qui e una parte di me ha voglia d’avventura.

Una parte di me, adesso, terminerà di scrivere… e una parte di me continuerà a pensare a tutte le altre parti di me…

– Giuseppe Circiello –

I Rohingya, Aung San Suu Kye e i diritti umani tra Nobel e Onu

Devo assolutamente rivolgere un pensiero alla Birmania o, se preferite, Myanmar. Questo stato del sud-est asiatico è in questi giorni tornato alla ribalta delle cronache, per via della sistematica persecuzione, che il governo e l’esercito birmano starebbero ponendo in atto a danno dei Rohingya. E allora sento di dover dire delle cose a riguardo.

Prima di tutto, per chi non lo sapesse, i Rohingya sono una minoranza di fede musulmana, che abita principalmente lo stato di Rakhine (in Myanmar) e ammonta a circa un milione di unità. Da decenni questa popolazione è privata dei propri diritti dalla maggioranza buddhista, che non le riconosce nemmeno la cittadanza. Soprattutto sotto la giunta militare che ha governato il paese, questa minoranza è stata sottoposta a una severa repressione.

Oggi, però, le cose in Myanmar sono diverse. La dittatura militare non c’è più e nel 2016 il partito del premio nobel per la pace, Aung San Suu Kye, ha stravinto le elezioni, controllando, di fatto, politicamente il paese – benché polizia e militari abbiano ancora una certa indipendenza. Ma, di fatto, il timone politico e la figura di spicco dell’esecutivo è la Suu Kye, benché non presidente. Ed io mi chiedo, com’è che la paladina della democrazia, che ha subito un lungo periodo di detenzione domiciliare, diventando simbolo della lotta contro le ingiustizie è così silente ed ambigua su ciò che sta avvenendo?

Ho letto vari articoli sulla questione. E tutti concordano. Dello stato di Rakhine in Myanmar non si riesce a sapere niente di certo… è off-limits. Non vi possono accedere osservatori indipendenti. Il Governo e la Suu Kye tacciono e, se dicono qualcosa, accusano i Rohingya di terrorismo. Potrebbe anche esserci qualcosa di vero, come dice la BBC, tra i Rohingya terreno fertile per la radicalizzazione potrebbe esserci. Ma perché? Forse perché non hanno accesso all’istruzione e l’unica che riescono ad avere è di matrice islamica. Forse perché ci si stanca di essere puntualmente calpestati?

Polizia e militari accusano i Rohingya di avere compiuto, sostanzialmente, attentati. E da parte loro i Rohingya li accusano di violenze indiscriminate, stupri e uccisioni… e altri sistamatici orrori, documentati con video fatti dai loro cellulari, dato che i giornalisti non hanno accesso in quelle zone.

Ed io mi chiedo. Com’è possibile? Com’è possibile che davanti a questa situazione un Nobel per la Pace, la “signora” Aung San Suu Kye, che io pure stimavo, favorisca il silenzio? Lei è la prima che dovrebbe garantire la trasparenza e permettere inchieste indipendenti. E’ la prima che dovrebbe gridare la verità. Cosa sta accadendo davvero nello stato del Rakhine in Myanmar?

Che qualcuno metta sotto pressione la signora Aung San Suu Kye! Che l’ONU pretenda qualcosa dallo stato del Myanmar! Perché alcune delle cose che avvengono nel mondo le tolleriamo e altre no? La vita e il rispetto che le si deve sono uguali ovunque!

– Giuseppe Circiello –

Ps: immagine di copertina presa liberamente da google immagini, tra quelle messe liberamente messe a disposizione per il riutilizzo.

 

La Pace è un Dovere Umano – Pflichtenstaat – Riflessione sul mondo e su noi.

In questi giorni sono accadute molte cose in Italia e nel mondo. Molte riguardano l’odio e l’ingiustizia. I due, si sa (e se non lo sapete, sappiatelo), sono legati. Ho visto i suprematisti bianchi marciare in america, ho visto gli attentati in Catalogna e Finlandia, ho visto i rifugiati eritrei cacciati dallo stabile che avevano occupato, senza però dare loro una soluzione valida. Tante cose ho visto sui giornali.

E’ inutile riportarle tutte. Il tenore di ciò che accade nel mondo, il suo stato di salute, è questo. O anche questo. Perché sì, in realtà, nonostante accadano tutte queste cose, credo che il nostro tempo sia quello più pacifico e sicuro. Vi sono eventi positivi, nonostante la perfezione sia ben lontana dall’essere raggiunta… e, d’altra parte, non esiste.

Allora che parli a fare? Sì, me lo si potrebbe chiedere… Ed io risponderei che sono preoccupato. L’umore generale delle persone mi sembra peggiori giorno dopo giorno. Forse perché i social network, così diffusi, ci privano delle nostre pie illusioni e siamo costretti a vedere e a renderci conto anche di ciò che non vogliamo.

E’ un continuo confronto. E non so se siamo pronti a questo. Il mondo è infinitamente più grande di noi. E se internet permette a due persone agli antipodi del pianeta e agli antipodi del pensiero di confrontarsi… forse dovremmo dimostrare di essere infinitamente grandi anche noi, per meritarci questa possibiltà. Infinitamente meritevoli.

Insomma, noto la diffusa non volontà di comprendere l’altro. La diffusa volontà di predominio. Sia chiaro che io non sono un santo in questo, a volte qualcuno l’ho mandato affanculo volentieri. Ma in questa specie di tennis da tavolo, dove tutti non fanno altro che incolpare qualcun’altro – tranne se stessi – delle tragedie che avvengono, io – giocatore come gli altri – non posso fare a meno di chiedermi dove sia l’umanità… e – forse – cosa essa sia. Vedo troppa gente disposta a fare di tutta l’erba un fascio. Troppa gente compiaciuta della propria mancanza di empatia. Troppa gente che si applica ad offendere quanto meglio può, quando dovrebbe fare proprio il contrario.

Allora io voglio dire solo una cosa. Allargate il quadro! Abitiamo il pianeta, siamo terrestri, tutti. Dobbiamo essere buoni. Non fessi. Ma buoni. Si può. Si deve. Lo dobbiamo a noi stessi, perché quando siamo di fronte ad una persona, una qualunque altra persona, allora noi esistiamo e abbiamo il metro per stabilire CHI siamo. Chiunque sia di fronte a noi, potremmo essere noi. E tu? Come vorresti essere trattato?

Gli illuministi tedeschi parlavano di Pflichtenstaat, lo stato basato sui doveri, non sui diritti. E forse dovremmo tornare a vederla così la vita. Da sostenitore dei diritti umani, penso che dovremmo concentrarci sui DOVERI UMANI: quei doveri ai quali ognuno di noi deve adempiere, per far sì che gli altri godano dei propri diritti.

Questo è l’unico modo buono di organizzare una società. Non siate mai orgogliosi di essere cattivi. Mettetevi in discussione. Ripeto, tra tutti gli stimoli e le frustrazioni che abbiamo, ricordiamoci di essere buoni.

– Giuseppe Circiello –