Serenità – Ahmet Hamdi Tanpınar – Recensione

Immagine correlataLa serenità, ciò a cui ogni umano anela. E’ uno stato difficile da raggiungere perché, come fa saggiamente notare Ahmet Hamdi Tanpınar, l’uomo è in realtà il suo più grande nemico. Ed è vero sia in amore che in politica – nella vita – a volte abbiamo le soluzioni più facili a portata di mano e, invece, preferiamo le vie più tortuose.
L’uomo ha anche una carica masochistica in sé. Le avversità hanno il loro fascino e la stasi e la troppa sicurezza, d’altro canto, non soddisfano a lungo l’essere umano, che spesso si fa male da solo.

Questo è il concetto intorno al quale ruota il bel romanzo del turco Tanpınar: non solo una storia d’amore, con finale tragico, ma anche uno spaccato bellissimo della Turchia nel periodo che va dalle guerre greco-turche allo scoppiare della seconda guerra mondiale. Il primo perido di Atatürk, dunque, quando il paese erede della cultura e della potenza ottomana ha dovuto trovare un equilibrio tra le tradizioni e le ricchezze del glorioso passato e l’urgenza di modernità (di stampo occidentale).

Con maestria, Tanpınar mostra tutto il travaglio, necessario ed inevitabile, che tale condizione comporta. E lo fa su due piani.  Il primo, come accennato è la osteggiata storia d’amore tra una madre divorziata, Nuran, e Mümtaz, un giovane uomo di poco più piccolo di lei, pieno di ideali e amori artistici e filosofici. Il secondo, invece, è quello della seconda guerra mondiale, della preoccupazione dei personaggi, che avvertono che un qualcosa di catastrofico sta per avvenire in Europa.
Questo tema è affrontato in modo più esplicito nel finale, ma in realtà aleggia sempre… e ciò che c’è di bello (una consolazione) è leggere come tutti i personaggi (di un romanzo pubblicato nel ’49) disprezzino le idee folli di Hitler.

Ad ogni modo, leggere Ahmet Hamdi Tanpınar è un po’ come leggere Dostoevskij o qualche altro grande autore russo. E’ quel tipo di romanzo: una storia d’amore, sicuramente centrale, che però è anche un grande pretesto per affrontare tematiche universali sull’uomo, sul suo posto nel mondo e per dipingere un contesto storico e geografico attraverso la prosa.

E il verbo “dipingere” non è qui usato a caso, poiché il teatro che ospita quest’opera è Istanbul e l’autore riesce davvero a disegnarla con le parole. Raramente (anzi, forse, mai) ho incontrato un autore capace di farti vedere ciò di cui parla. Nelle descrizioni, nelle metafore e nelle similitudini Tanpınar è immenso. Ogni sua frase è una poesia, un dipinto, una suggestiva fotografia.
Si legge “Serenità“, ma sfogliando le pagine si respira aria di Istanbul.

– Giuseppe Circiello –

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