Soffiano sui Nodi – Ece Temelkuran – Recensione

Ciò che si può affermare con sicurezza, riguardo a Soffiano sui Nodi, romanzo della giornalista e scrittrice smirniota Ece Temelkuran, è che siamo di fronte ad un’opera impegnata, composta con amore ed estro. L’autrice vuole raccontarci la condizione della donna nei paesi musulmani all’indomani delle primavere arabe e – al contempo – illustrare un percorso tutto femminile della storia, che va dall’affermarsi del matriarcato e delle prime figure divine al femminile, fino all’oppressione delle religioni abramitiche, fortemente maschiliste, e del conseguente patriarcato.

E queste tematiche vengono dalla Temelkuran legate alla storia di quattro donne che si incontrano e conoscono a Tunisi e che, per vari motivi, saranno spinte ad affrontare un’avventura, che le porterà dalla Tunisia al Libano, passando per tutti i paesi che li separano.

V’è, dunque, anche il tema del viaggio, inteso nella sua ambivalente natura di percorso reale compiuto dalle protagoniste e percorso interiore di conoscenza e guarigione.

Un romanzo che tocca numerosi temi, quindi. Lo si potrebbe definire anche ambizioso. Ed è giusto – di conseguenza – chiedersi come si fondono i vari piani narrativi e come risulta la lettura.

Beh, iniziamo col dire che sono pagine molto piacevoli da leggere e le diverse vicissitudini delle protagoniste intrattengono, divertono e commuovono, tenendo il lettore incollato alle pagine. Inoltre, viene ben mostrato come, nonostante le cosiddette “primavere arabe”, per la condizione femminile sia cambiato davvero troppo poco. E – purtroppo – anche in quei paesi, come la Tunisia, dove queste rivoluzioni sono riuscite ed hanno portato ad esiti democratici. Fare i conti con questo dispiace. Eppure è un bene. Perché ci ricorda che non bisogna ingenuamente credere che basti cambiare un governo, o un sistema politico, per cambiare profondamente la società. Non è mai il punto d’arrivo, semmai è il punto d’inizio e una rivoluzione riuscita è la fragile base di una nuova società, che va costruita col sudore giorno dopo giorno. Ecco, nonostante ciò, però, la Temelkuran appare fiduciosa, seppur consapevole che la strada per l’emancipazione e per sfuggire all’oppressione di tradizionalismi e fondamentalismi sia ancora piena di battaglie da combattere.

Questo intento, questo pensiero, è ben trasmesso e ben si lega anche alla vita delle protagoniste. Credo che sia l’aspetto più riuscito del libro.

Mi aspettavo, invece, qualcosa in più riguardo la parte dedicata alla storia della donna in generale e in particolare e a come questa si lega alla trama principale.

Ece Temelkuran trova, come appigli ed esempi per le donne moderne, che vivono in quell’area del mondo, dee o personaggi leggendari e storici, che hanno mostrato come anche le donne possano essere rispettate e avere un ruolo attivo nella società: Didone, Al-Kahina, Tanit
Sono riferimenti reali ed importanti, che invitano a trovare nel passato dei modelli di riferimento per il presente, che possano servire da slancio e base per un nuovo tipo di narrazione della donna a quelle latitudini.
E questa idea è davvero bella. Anche centrale nel romanzo. Eppure – per chi ama leggere – non viene poi detto molto. Varie cose le conoscevo già e – insomma – mi aspettavo un po’ più di approfondimento.

Questo un po’ mi è dispiaciuto, perché leggendo il libro si evince che l’autrice ne sarebbe stata capace. Ma, evidentemente, ha ritenuto di non incastrare troppo, nel finale, questi due piani, facendo retrocedere quello storico al ruolo di cornice, benché per gran parte presentato come egualmente preminente. Né v’è poi una vera funzionalità del piano storico nel dipanarsi della trama… le soluzioni finali, per ognuna delle quattro protagoniste sono abbastanza universali e – dal mio punto di vista – abbandonano un po’ la specificità del contesto scelto per il libro. Cosa che non ritengo particolarmente grave, ma devo dire che questa cucitura tra contesto storico-geografico e finale sarebbe stata la proverbiale ciliegina sulla torta.

Ad ogni modo, è un libro piacevole, e che aiuta a riflettere sul tema della condizione femminile in medio-oriente e nord-africa, ma ci vedo anche una opportunità mancata di creare un vero e proprio classico. Il che, a mio modo di vedere, è anche un complimento per l’autrice, le cui potenzialità sono evidenti. Così evidenti che, purtroppo, ha dovuto lasciare la Turchia a causa della vera e propria persecuzione del governo Erdogan ai danni di giornalisti e politici dissidenti. Dopo aver perso il lavoro nel suo giornale (la Temelkuran era una delle editorialiste più lette in Turchia), si è dovuta trasferire in Croazia, paese in cui esercita sia la professione di giornalista che di scrittrice. E per entrambe le auguro buona fortuna.

Per quanto mi riguarda, la ringrazio per il suo impegno e – se potrò – leggerò altre sue opere.

Concludo, dicendo che il titolo è ispirato ad un passo del Corano, contenuto in una sura apotropaica, la sura dell’Alba. Chi la recita invoca protezione… da chi vuole essere protetto? Dalle “soffianti sui nodi”… sostanzialmente le donne, le streghe, quindi, le sapienti. E questo mi fa pensare che il voler essere protetti da un qualcosa, riconosce a quel qualcosa – o a quel qualcuno – anche una certa potenza. E mi auguro proprio che su questa terra, tutti quelli che vengono ingiustamente additati come nemici, si rendano conto che sono perseguitati perché sono – in realtà – temuti. Rendersene conto – credo – sia molto importante.

– Giuseppe Circiello –

Citazione da Soffiano Sui Nodi – 1 – LEGGI
Citazione da Soffiano Sui Nodi – 2 – LEGGI

Citazione da Soffiano Sui Nodi – 3 – LEGGI


Lasciatemi Fuggire – Dylan Thomas – Poesia

Lasciatemi fuggire, essere libero
(Vento per il mio albero, acqua per il mio fiore),
Vivere per me stesso
E soffocare dentro di me gli dèi
O schiacciare sotto il piede le loro teste di vipera.
Nessuno spazio, voi dite, nessuno spazio;
Ma non mi ci terrete,
Anche se è forte la vostra gabbia.
La mia forza minerà la vostra,
Perforerò la nostra nuvola oscura
Per vedermelo il sole,
Pallido e marcio, una brutta escrescenza.

– Dylan Thomas –

Suo Marito – Luigi Pirandello – Recensione

Risultati immagini per suo marito pirandelloSuo Marito, romanzo di Luigi Pirandello, si può forse considerare un’opera minore, se paragonata ai più celebri “Il Fu Mattia Pascal“, “Uno Nessuno e Centomila“, o “L’Esclusa“.

Eppure, nonostante l’apparente semplicità di questa tragica storia, lo scrittore siciliano si rivela, una volta di più, una grande penna. E devo dire che il mio apprezzamento nei suoi confronti cresce ad ogni nuovo libro che leggo. Inizio anche a credere che più invecchio e più lo apprezzo. Tant’è che sono tentato, in futuro, di rileggere alcune sue opere lette da giovane. Già mi piacquero, ma sono convinto che oggi potrei portare l’apprezzamento a nuovi livelli.

Suo marito è un’opera ricca di spunti e personaggi ben delineati. Ma d’altra parte – qui – Pirandello gioca in casa. La vicenda riguarda, infatti, il mondo della letteratura, del teatro e degli scrittori. E l’autore sa bene di cosa parla, quando descrive le speranze e i sogni di gloria dei personaggi di contorno, così come ben sa di che parla, quando affronta i più complessi sentimenti della protagonista.

In questo romanzo Luigi Pirandello sceglie di raccontarci le vicissitudini di una giovane donna, Silvia Roncella: scrittrice fuori dal comune, che in poco tempo è riuscita ad ottenere un successo inaudito, di pubblico e critica, grazie all’invadente opera manageriale del marito, Giustino Boggiolo.

Il punto è che Silvia non ha cercato nulla di tutto questo. E’ stato il marito che, entrando a gamba tesa nell’universo creativo della moglie, ha cercato di prenderne possesso e manipolarlo, in base alle proprie esigenze, per trarne quanti più vantaggi materiali possibile. E se Silvia in un primo momento, spiazzata e timida, ha lasciato fare, perché ha creduto che, in fondo, le attività di Giustino cercavano solo di valorizzare la sua opera, si è poi presto dovuta ricredere, constatando con dolore, che il consorte attraverso i suoi scritti cercava solo di valorizzare se stesso e di guadagnare quanto più poteva, come il più freddo e lucido dei capitalisti. Anche l’amor proprio e la dignità per Giustino erano sacrificabili sull’altare del successo.

Constatate queste cose, Silvia – che sostanzialmente ha sempre e solo desiderato una vita serena e tranquilla, con la protezione dell’amore dei propri cari e del marito – ha un viscerale moto di repulsione. E così abbandona Giustino e si costringe a diventare lei stessa manager delle proprie opere – dimostrando di sapersela cavare, se non meglio, almeno in egual misura.

E’ una libertà che costa cara. Non tanto perché all’epoca una separazione era mal vista dalla società, quanto perché, per ritrovare una serenità e per emanciparsi, Silvia è effettivamente costretta ad abbracciare in parte la visione del proprio marito. Per vivere, dal momento della separazione in poi, dovrà accettare il fatto che le sue opere necessitano di essere monetizzate e che – a volte – dovrà essere lei stessa a forzare la propria ispirazione. Ma d’altra parte meglio così. Vivere più nel mondo ed in prima persona questo aspetto del lavoro letterario non potrà che portarle nuove esperienze e ispirazioni: ottimo contraltare alla perdita della totale purezza creativa. Perché questo era, per la protagonista, la scrittura: un parto dell’anima, uno sfogo libero e puro, che l’aiutava ad affrontare i propri tormenti interiori.

Non potrà più essere solo questo. Ma almeno non si vedrà spennata, come una gallina dalle auree uova, dal proprio stesso marito, che mai ha considerato la sua opera per il suo vero valore umano. Lui l’ha sempre e solo valutata in base a quanto poteva fruttare.

Ecco, credo che Pirandello – in quanto rinomato scrittore – abbia conosciuto bene questi dilemmi e questi tormenti. Quanto spazio dare alla libera ispirazione? Quali compromessi accettare, per vivere del proprio lavoro letterario? Fare un romanzo su questo è stato un colpo di genio. Ed è davvero interessante conoscere – attraverso i pensieri e le vicende dei personaggi – i punti di vista di questo davvero eccezionale scrittore. Suo Marito è da leggere, lo consiglio!

– Giuseppe Circiello –

Citazione da Suo Marito – 1 – LEGGI
Citazione da Suo Marito – 2 – LEGGI

 

Le Parole – Zbigniew Herbert – Poesia

Non hanno ancora detto tutto

pazienti come i costruttori delle piramidi
ostinate come i condannati al circolo polare
bruciate sui roghi 
fucilate nelle cantine del Palazzo di Giustizia
tacciono 

non loro ma le loro ombre 
gocciolano dalle labbra dei dittatori 
fluiscono dagli altoparlanti 
frusciano come erba secca nei comunicati 
nei giornali 

sono pazienti 

sono sopravvissute al diluvio 
sono sopravvissute ad Hammurabi 
sopravviveranno ai cervelli al guinzaglio

– Zbigniew Herbert –

Gulliver – Sylvia Plath – Poesia

Sopra il tuo capo passano le nubi
alte, alte e gelide
e un poco piatte, come se

galleggiassero su un vetro invisibile.
A differenza dei cigni,
senza riflesso;

a differenza di te,
libere da legami.
Tutte algide, azzurre. A differenza di te –

di te, disteso sulla schiena,
gli occhi al cielo.
Gli uomini-ragno ti hanno catturato,

avvolgendo e intrecciando le loro catenuzze,
i loro adescamenti –
mille sete.

Come ti odiano.
Conversano nella valle delle tue dita, sono
vermiciattoli.
Vorrebbero farti dormire nelle loro vetrine,

un dito del piede qui, uno là, una reliquia.
Vattene!
Va’ lontano sette leghe, come quelle distanze

che ruotano in Crivelli, inattingibili.
Fa’ di quest’occhio un’aquila,
dell’ombra di questo labbro un abisso.

– Sylvia Plath –